Episodio 2: Renata e l'amore che si scioglieva nel gelato

Pubblicato il 30 aprile 2025 alle ore 11:07

Renata ha 66 anni.

Occhi dolci, voce calma, mani sempre pronte a dare.

È la nonna che tutti vorrebbero avere: quella che ha sempre il freezer pieno di gelati, le caramelle nella borsa, i biscotti della merenda pronti appena entri in casa.

 

Renata ama con il cuore, ma ama anche con… lo zucchero.

Perché ha imparato così.

Da bambina, ogni volta che faceva qualcosa di buono, le davano un dolce.

Ogni volta che era triste, le davano un dolce.

E quel gesto si è radicato nel tempo, diventando il suo linguaggio d’amore.

 

Col tempo ha iniziato a premiarsi da sola: un cioccolatino dopo una giornata stancante, una fetta di torta “perché me lo merito”.

Poi ha iniziato a farlo anche con gli altri.

 

Sua figlia. I suoi nipotini.

“Sei stato bravo? Ti porto un gelato.”

“Sei triste? Vieni, prendiamoci una cosa buona.”

 

Ma un giorno… il suo corpo ha iniziato a parlare.

 

 

 

Fiato corto.

Dolore al petto.

Analisi del sangue sballate.

Il medico le ha parlato chiaro: colesterolo alto, vene ostruite. Il cuore… stanco.

 

E lì, su quella sedia fredda dello studio medico, qualcosa dentro si è incrinato.

 

Renata ha visto tutta la sua vita scorrere come un film:

Lei da giovane, stanca dopo il lavoro, che si premiava col dolce.

Sua figlia, cresciuta con lo stesso schema.

E i suoi nipotini, con gli occhi che si illuminano davanti a un gelato… proprio come i suoi, tanti anni prima.

 

Ha sentito una fitta che non veniva dal corpo, ma dall’anima.

“Sto lasciando in eredità un modo di amare che pesa. Letteralmente.”

 

 

 

E lì ha deciso.

Non poteva tornare indietro, ma poteva cambiare adesso.

Così ha cercato aiuto.

Mi ha scritto con una frase che non dimenticherò mai:

“Voglio che i miei nipoti mi ricordino per una carezza che nutre… non per un biscotto che fa male.”

 

Abbiamo iniziato un percorso insieme.

Non su cosa mangiare, ma su cosa sentire.

Sulle emozioni che cercava di zittire col dolce.

Sulle parole che non diceva.

Sul bisogno di sentirsi utile, riconosciuta, amata.

 

Abbiamo decostruito insieme quella convinzione invisibile:

“se ti amo, ti do da mangiare”.

E l’abbiamo trasformata in:

“se ti amo, ti insegno a volerti bene.”

 

 

 

Oggi Renata non ha più fiatone.

Oggi, premia con giochi, con storie, con abbracci veri.

E i suoi nipoti… sorridono lo stesso.

Anzi, di più.

 

Perché c’è un amore che non ingrassa. Un amore che cura. Un amore che pesa meno e vale di più.

 

 

 

 

Se anche tu ti sei ritrovata in questa storia…

 

 

Se hai dato per anni valore al cibo come linguaggio d’amore…

Se hai visto i tuoi figli o i tuoi nipoti iniziare a replicare i tuoi gesti…

Se senti che è il momento di spezzare questa catena, ma non sai da dove iniziare…

 

Puoi scrivermi.

 

C’è un posto sicuro in cui parlarne.

Con dolcezza. Con rispetto. Con empatia.

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Commenti

Marika
un mese fa

Mia nonna aveva sempre la borsa piena di caramelle e la casa piena di confetti pronta a distrubuirli a noi nipotini quando ci comportavamo bene e io stessa lo sto replicando con i miei figli ad esempio se fai il bravo ti porto al fast food